...e quindi?
29-09-2020 23:22 - News
Era la sua domanda finale che ti lasciava sempre un po’ perplesso, ma era il modo per farti scoprire la scherma, per farti ragionare, per liberare il tuo estro e per dare sfogo alla tua iniziativa. La sua scherma non te la insegnava, ma riusciva a trasmetterla in un modo che ancor oggi stento a capire. Era diventato un “filosofo” della scherma, con i suoi principi dettati da quella sua saggezza frutto di una grande esperienza e di quella visione unica della scherma. Principi che hanno gettato le basi della scherma moderna. Niente era scontato e l’imprevedibile era per lui una regola.
Fonte: Club Scherma Cambiano A.S.D.
Una delle chiavi del successo del M° Antonio è stata la sua disponibilità ad ascoltare tutti; anche quando era più logico che “tutti” ascoltassero lui. La fama e la notorietà di tanti anni ai vertici mondiali non l’hanno assolutamente cambiato e forse questo dava addirittura fastidio ad alcuni che avrebbero voluto idolatralo nel Olimpo della Scherma per renderlo intoccabile. Lui non aveva bisogno di parlare e forse per questo Dio gli ha tolto quasi del tutto la facoltà di parlare. Per il M° Antonio non è stato un gran problema perché la sua lezione, già da molto tempo prima, era “senza parole”: lui dialogava con l’allievo con la sua gestualità, ma soprattutto con i fioretti che impugnava nelle mani. Chi ha avuto lezioni dal M° Antonio sa che cosa intendo dire: eri tu che poi ti rendevi conto di ciò che stavi sbagliando, mentre quel maestro ti stava insegnando a scoprire la scherma e ad amarla.
Il carisma è come il talento: devi averlo innato e il M.o Antonio ne possedeva davvero tanto. La sua presenza si percepiva e durante le gare non potevo fare a meno di osservarlo, seduto sul suo tre piedi che portava sempre con sé, con lo sguardo fisso sul assalto. Non era sua abitudine gridare, gesticolare o comunque dare consigli durante l’assalto. Aspettava che il suo allievo si girasse per guardarlo e bastava un cenno, una parola... quella frase capace di ribaltare l’esito dell’assalto. Ad un regionale lo trovai dalla parte opposta della pedana; era la prima volta e provai una grande emozione; stava seguendo il suo allievo Gabriele Cimini, oggi atleta della nazionale di spada. Il mio allievo chiuse in vantaggio il primo parziale, ma l’assalto era molto incerto. Occorreva avere nervi saldi e mantenere un ritmo alto anche se Cimini aveva una maggiore esuberanza fisica oltre a possedere già una buona tecnica. Subiva gli attacchi del mio allievo, non riuscendo ad anticiparlo sulle linee alte. Vidi Antonio che, senza dire niente, si toccò la gamba e Cimini vinse l’assalto.
Quando tiravo, averlo a fondo pedana, faceva per me la differenza. Non tanto per i suggerimenti, perché non era propenso a darne, bensì riusciva ad esaltarmi e la sua presenza mi caricava e rendeva i miei attacchi incontenibili.
Quando smisi di praticare la scherma passò un lungo periodo in cui non lo vidi; un periodo durante il quale perse la moglie Elena e sua figlia Luciana. Lo ritrovai dopo circa quindici anni quando intrapresi il percorso magistrale. Il maestro Carlo Macchi, con cui collaboravo, organizzava degli incontri con i propri tecnici in cui invitava Antonio. Ero tornato da poco nel mondo della scherma e avevo trovato molte cose cambiate, ma Antonio, di cui avevo assimilato i principi schermistici, era sempre... Antonio perché riuscivo a comprendere le sue parole, le sue filosofie, il suo pensiero. La sua evoluzione tecnica ha sempre avuto una coerenza logica sulla quale ha basato il suo insegnamento. Ha sempre creduto nei suoi principi che nel tempo è stato capace di plasmare per renderli vincenti. Lui ha sempre sostenuto di non avere mai avuto talenti, ma è stato capace di creare campioni olimpici, riuscendo ad adattare la tecnica di ognuno alla indole e al carattere dell’atleta. Così facendo, ha reso naturale e spontaneo il gesto tecnico, come se avesse insegnato loro il modo di esprimersi mediante la scherma. I suoi campioni, quindi, non sono nati tutti dallo stesso modello prestazionale, bensì sono vere e proprie “opere d’arte” ognuna fine a sé stessa.
Impossibile imitarlo, Antonio va preso come esempio e merita la nostra eterna gratitudine per tutto quello che ci ha lasciato.
Fonte: Club Scherma Cambiano A.S.D.